La musica è un curioso pastiche di tradizione nipponica e postmoderno, di rock e camerismo, così da produrre un costante carosello di mutamenti inattesi. E anche le atmosfere sono imprevedibili, ora sofisticate, ora caciarone, ora simili a un carosello fiabesco.
Imprescindibile la voce di Sarah Stride, che non cerca di fare il verso alle cantanti giapponesi, ma rende a suo modo il loro ruolo, mentre i vari musicisti si muovono con una libertà condizionata dalle sinergie necessarie a una musica che ha la propria specificità nel sembrare uno spettacolare orologio a cucù.
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